L'epatite C è una forma di epatite (infiammazione del fegato) causata da uno specifico virus (Hepatitis C Virus (HCV)). Prima della sua individuazione nel 1989, i sintomi che lo caratterizzavano erano definiti come "epatite non A non B".
Una volta penetrato nel fegato il virus causa una epatite acuta che però, nella maggior parte dei casi, è asintomatica. Ciò fà sì che la malattia possa divenire cronica (nell'80% dei casi)senza che il paziente se ne accorga, né possa quindi curarla precocemente. Una volta cronica, la malattia può decorrere anche per molti anni senza dare sintomi né danneggiare il fegato: purtroppo però nel 30% circa di questi pazienti la malattia può evolvere in forme più aggressive che possono condurre nel lungo termine alla cirrosi e al carcinoma epatocellulare. Generalmente i danneggiamenti al fegato non si presentano se non dopo 10-30 anni dall'infezione. Altre patologie possono essere correlate alla presenza del virus C nell'organismo: ad esempio il distiroidismo, la crioglobulinemia mista e alcuni tipi di glomerulonefrite.
Come già detto le forme croniche decorrono per molti anni senza sintomi, ma talvolta si può avere affaticamento, perdita di appetito, nausea, debolezza, lievi dolori addominali.
Il test di screening per individuare gli individui ammalati è la ricerca degli anticorpi (generalmente con metodica immunoenzimatica, EIA) contro il virus, in sigla HCV Ab che sta per Hepatitis C Virus Antibody, in italiano "anticorpo dell'epatite C". Quando è presente significa che il paziente è stato infettato dal virus dell'Epatite C, ma non è in grado di stabilire quando è avvenuto il contagio, né se l'infezione è ancora in atto. Infatti il test rimane positivo per tutta la vita anche nelle persone guarite, sia spontaneamente che con le cure.
Per questo motivo è necessaria una diagnosi più specifica, come la ricerca dell'RNA del virus HCV tramite reazione a catena della polimerasi (PCR). Tale metodica conferma o meno la presenza del virus nel sangue e quindi la presenza o meno della malattia cronica; è indicata in special modo nei soggetti positivi al test di screening (vedi sopra) per discriminare appunto la malattia attiva o l'avvenuta guarigione e in quelli che devono affrontare una terapia per monitorare la risposta: la negativizzazione di questo test fa capire che la cura è efficace.
La fonte di infezione è costituita da soggetti affetti da malattia acuta, ma soprattutto da malattia cronica. Questi spesso non sanno di essere ammalati e possono, inconsapevolmente, trasmettere l’infezione. Le modalità di trasmissione dell’infezione sono soprattutto le seguenti:
Via Parenterale: il virus pentra attraverso punture con aghi o strumenti infetti (tossicodipendenti, infermieri, etc) o somministrazione di sangue o emoderivati infetti ( prima degli anni ’90 );
Via Parenterale Inapparente: il virus penetra attraverso microlesioni difficilmente visibili della cute o delle mucose (spazzolini da denti, lesioni da malattie cutanee, etc.);
Via Sessuale: il virus C, sebbene con frequenza di gran lunga inferiore a quella del virus dell’epatite B o / e dell’HIV, si trasmette per via sessuale. Il rischio è più basso nei partners eterosessuali monogami rispetto ai soggetti con numerosi partners sessuali. In ogni caso il soggetto infetto (monogamo o non) deve sempre informare il partner sano della sua situazione. La coinfezione HIV – HCV aumenta il rischio di trasmissione sessuale di HCV. Altri fattori potenzialmente in grado di aumentare il rischio di infezione sono: la presenza di altre malattie sessualmente trasmissibili (quali ad es. Herpes simplex, Gonorrea, Tricomoniasi), rapporti sessuali traumatizzanti (ad es. rapporti anali passivi) e mancato uso del condom. Il rischio di infezione appare più frequente nelle donne partners di pazienti infetti che negli uomini partners di donne infette.
Via materno – fetale: dai numerosi studi effettuati si può stimare che il rischio di infezione oscilla tra il 4% e il 9%. Il taglio cesareo elettivo (cioè eseguito prima della rottura delle membrane) riduce consistentemente tale rischio.
L'agente causale dell'epatite C è un virus, dotato di pericapside e con RNA a filamento singolo ed a polarità positiva, appartenente alla famiglia dei flavivirus. Quando entra in circolo si lega a recettori nei tessuti del fegato, maggiormente ai recettori delle lipoproteine a bassa densità dd(LDL). Si pensa che il recettore specifico sia la molecola CD81, che è una proteina del gruppo delle <
>, presenti sulla superficie cellulare, in associazione ad alcune integrine
Si stima che le persone infette da epatite C nel mondo siano circa 130 milioni. Si stima che HCV sia responsabile del 27% delle cirrosi e del 25% degli epatocarcinomi nel mondo. In Italia vi sono circa 1,5 milioni di persone infette con un migliaio di nuovi casi all'anno, per fortuna in diminuzione specie nei giovani, grazie alle maggiori attenzioni alle pratiche di sterilizzazione, impiego di materiali monouso in chirurgia e odontoiatria e al controllo delle trasfusioni. La coinfezione col virus HIV è comune (circa il 30% dei pazenti HIV positivi sono anche infetti da HCV).
Attualmente sono disponibili test sierologici per rilevare l'infezione. Inoltre la PCR può essere usata per individuare il genotipo. Esistono 6 tipi di genotipo virale, divisi per area geografica. Il genotipo 1a è il più comune in Nord America mentre in Europa e in Italia il più diffuso è il tipo 1b.
L'infezione si diffonde soprattutto attraverso lo scambio di sangue (molto frequente in tossicodipendenti) e molto più di rado per via sessuale. Prima della disponibilità dei test, quindi prima del 1989, era di frequente causata da emoderivati e trasfusioni.
Anche se epatite A, epatite B e epatite C hanno nomi simili (dato che tutte colpiscono il fegato) i virus sono completamente differenti. Per la epatite C non esiste ancora un vaccino (a differenza delle epatiti A e B che possono essere prevenute con un vaccino, molto efficace).
La terapia ad oggi universalmente riconosciuta come la più efficace è costituita dall'associazione di interferone alfa peghilato con la ribavirina.Gli studi rilevano una guarigione stabile di oltre l'80% per i genotipi 2 o 3 del virus e di circa il 50% per il genotipo 1. Per il genotipo 1 ed il genotipo 4 (considerati meno sensibili all'interferone) un ruolo importante nella risposta alla terapia è giocato dalla carica virale nel sangue prima di iniziare la cura: i soggetti che hanno una carica virale inferiore, pur con genotipo "sfavorevole", hanno una risposta migliore e più rapida alla terapia, arrivando anche al 70-80% di guarigione (simile quindi ai genotipi "favorevoli"). E' importante quindi curarsi presto (meglio prima dei 45 anni di età) e prima che il fegato divenga cirrotico; solo così avremo la migliore possibilità di guarigione. Ricordiamo che la terapia è praticata ormai in tutti i reparti di epatologia o di infettivologia; non è necessario andare in grandi ospedali, magari lontano da casa! La terapia non richiede ricovero ospedaliero ma viene gestita a casa propria, eseguendo solo controlli mensili degli esami del sangue.
È importante smettere di bere alcolici, specie durante la cura: è noto che l'alcol favorisce la progressione in cirrosi dell'infezione e rende il trattamento con interferone molto meno efficace.
In particolari gruppi di soggetti, tossicodipendenti o alcolisti, la progressione della malattia avviene più rapidamente. Nell'infezione da HIV, sia per effetto primario di HIV, sia per le alterazioni del sistema immunitario, sia per il sovraccarico epatico dovuto a particolari tipologie di farmaci usati nella terapia di questa infezione, l'epatite cronica da HCV ha una evoluzione molto più rapida verso gli stadi più avanzati (fibrosi, cirrosi) rappresentando un quadro clinico di particolare importanza e di notevole impegno clinico.
Naomi Judd e Pamela Anderson hanno reso pubblica la loro malattia e le loro esperienze. Anthony Kiedis è guarito da tale malattia. Negli Stati Uniti 10.000-20.000 morti all'anno sono causate da HCV. Non si conosce con esattezza il numero reale delle persone positive al virus HCV
in Italia, poiché molti di coloro che ne sono affetti, non ne sono a conoscenza: questa categoria di persone viene infatti definita "MALATI INCONSAPEVOLI". Questo è possibile anche grazie al fatto che l' incubazione della malattia è piuttosto lunga e spesso i primi a presentarsi sono i sintomi delle malattie che l'epatite C non curata porta con sé come effetto collaterale.
Una cosa che però non tutti sanno è che esiste una legge dello Stato, la N. 210/92, che offre un indennizzo in termini pecuniari a tutti coloro che hanno contratto il virus (e di cui si abbia conclamazione accertata) da trasfusioni di sangue e/o emoderivati infetti e/o vaccini.
In Italia sono numerose le sentenze emesse da giudici di merito e dalla Corte di Cassazione che riconoscono - in aggiunta (totale o parziale) all'indennizzo previsto dalla legge 210/92 - a soggetti che hanno contratto tale tipo di infezione virale a causa di trasfusioni, un risarcimento dei danni ritenendo, quindi, colpevole il Ministero della Salute (già della Sanità) per omessa attività normativa e carenza di pratica vigilanza circa la produzione, commercializzazione e distribuzione del sangue e suoi derivati.
Secondo uno studio presentato nel 2007 al 42esimo Congresso della Società Europea per lo Studio del Fegato il 90% dei pazienti ha un'alta probabilità di guarire se sono curati fin dal primo mese di malattia con una terapia di interferone pegilato associato a ribavirina.
Si trovano riferimenti a "terapie alternative" che però si limitano ad alleg