Epatite B. Il virus dell'epatite B è un virus a DNA caratterizzato da una epidemiologia, da un decorso clinico e da una prognosi molto diversi da quelli dell'epatite A. La trasmissione del virus può essere di tipo orizzontale interumana o verticale da madre a figlio; proprio quest'ultima via di trasmissione è considerata da molti la causa preponderante del mantenimento dell’endemia in certe regioni. La trasmissione orizzontale avviene principalmente mediante contatto con sangue o emoderivati infetti e, anche se meno frequentemente, attraverso il contatto con altri liquidi biologici quali saliva, liquido seminale , secrezioni vaginali, latte materno. Le feci degli ammalati di solito non contengono il virus a meno che in esse non sia presente del sangue.
La trasmissione verticale può avvenire durante la gravidanza, durante il parto o nel puerperio.
Il passaggio transplacentare del virus è possibile durante tutta la gravidanza, ma si verifica in prevalenza nella sua seconda metà; tale modalità di trasmissione è però globalmente scarsa.
La modalità di trasmissione verticale più frequente (madre-feto) è quella al momento del parto (connatale).Il feto si infetta mediante il contatto diretto con il sangue e le secrezioni materne ed è possibile anche uno scambio di sangue (trasfusione materno-fetale) attraverso la placenta che durante il parto può perdere parzialmente la sua funzione di barriera. Il rischio di infezione connatale è simile nel parto spontaneo e che nel taglio cesareo. Infine, ultima possibilità di trasmissione verticale è quella attraverso il latte materno nei primi giorni di vita; questa via di trasmissione seppure possibile sembra essere meno frequente. La trasmissione del virus è possibile anche per le pazienti portatrici sane del virus.
Il periodo di incubazione dell'epatite B è variabile da 40 a 180 giorni.
Da un punto di vista clinico la malattia è simile a quella da virus A, ma la fase postitterica (epatomegalia cioè ingrossamento del fegato ed elevazione degli enzimi epatici) è più lunga, raggiungendo le 10-12 settimane.
La complicazione più temibile è l'epatite fulminante.
Circa il 10% dei pazienti rimane HBsAg positivo per oltre sei mesi; di questi circa il 50% diviene portatore sano e l'altra metà sviluppa un'epatite cronica attiva; è importante rilevare inoltre che il virus B è stato correlato con l'insorgenza del carcinoma epato-cellulare.
Per quel che riguarda i danni al bambino eventualmente infettato, le conseguenze a distanza possono essere estremamente gravi. Infatti un'alta percentuale di questi bambini diviene portatore cronico e molti di essi sviluppano una cirrosi o un carcinoma epato-cellulare.
La terapia dell'epatite B è in gran parte sintomatica, particolarmente in gravidanza. Ne deriva quindi che l'unico metodo per prevenire l'infezione connatale e quindi proteggere il neonato dai seri rischi sopradescritti e contribuire a debellare l'infezione nelle regioni endemiche è la prevenzione, che si attua mediante lo screening della malattia nelle gestanti, la vaccinazione e la protezione con gammaglobuline iperimmuni nel neonato a rischio.
Nei più moderni protocolli di assistenza in gravidanza è previsto un controllo dell'HBsAg (un esame su sangue che se positivo dimostra la capacità infettiva) in tutte le donne sia alla prima visita che tra la 33^ e la 35^ settimana.
La ricerca dell'HBsAg ha il vantaggio di individuare non soltanto le madri affette da epatite B, ma anche quelle che sono portatrici sane del virus. Particolarmente importante è il controllo tra la 33^ e la 35^ settimana in quanto consente di poter efficacemente prevenire la trasmissione verticale connatale del virus.
Il neonato da donna HBsAg positiva deve subito iniziare il programma di vaccinazione per l'epatite B e va protetto con globuline iperimmuni; questa procedura si è dimostrata molto più efficace della vaccinazione o della protezione passiva adoperata singolarmente (Tab. 2).
Tab. 2 - Epatite B e Gravidanza
Misure di prevenzione
- controllo HBsAg in tutte le gestanti alla prima visita e a 33-35 settimane
- la gravida esposta al contagio può essere protetta con immunoglobuline e può iniziare il programma di vaccinazione
- il neonato di donna HBsAg positiva va sottoposto al trattamento di cui al punto precedente entro 12 ore dalla nascita
- l'allattamento non è controindicato nei neonati sottoposti a profilassi
- non sono necessarie misure di isolamento
- particolare attenzione per lo smaltimento dei liquidi biologici e di ogni materiale imbrattato.
Se effettuata questa profilassi, non esistono controindicazioni all'allattamento al seno, a meno che esso sia da evitare per gravi condizioni generali materne. E’ importante sapere che lo schema vaccinazione più gammaglobuline può essere effettuato anche nella gravida HBsAg negativa qualora avesse avuto un contatto con sangue ed altri liquidi biologici di un soggetto HBsAg positivo. Non è necessario durante il ricovero né l'isolamento della madre né quello del neonato, ma va prestata particolare attenzione allo smaltimento di sangue, feci, urine ed altri liquidi, nonché di ogni materiale imbrattato.
Epatite C. Le caratteristiche epidemiologiche del virus C sono analoghe a quelle del virus B.
Analogamente al virus B il rischio di infezione neonatale è massimo quando la mamma si ammala nel III trimestre. Non esiste alcun mezzo specifico di prevenzione.
Epatite Delta. La trasmissione perinatale del virus delta si verifica raramente. Sembrerebbe incapace di replicarsi e trasmettersi in assenza del virus. B. La sovrainfezione da virus delta determina l'evoluzione dell'epatite verso la cronicizzazione e la cirrosi, con conseguente riduzione della fertilità.
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