Domanda:
Perché il vaccino antiaids con c'è ancora?
2006-08-26 13:55:08 UTC
Perché il vaccino antiaids con c'è ancora?
Tre risposte:
2006-08-27 14:13:38 UTC
25 anni dopo la prima diagnosi ci sono molti farmaci ma nessun vaccino perché all'industria non interessa, non è un business. L'investimento dei privati nel vaccino è un decimo di quello in farmaci post-contagio. Il povero mercato del Terzo Mondo non è appetibile. E in occidente pochi si avvicinerebbero perchè quasi nessuno si sente a rischio. E poi basterebbe una singola dose di vaccino, invece i farmaci sono da prendere tutti i giorni e per tutta la vita del malato. E la stessa tesi vale anche per vaccini contro malaria, colera, peste, lebbra, Ebola...
2006-08-26 23:23:00 UTC
Proprio 2 giorni fa ho sentito di un farmaco che preso preventivamente impedisce il contagio. Sarà qualcosa riservata comunque ai paesi ricchi!
Enrico F
2006-08-26 21:01:29 UTC
Semplicemente perché non conviene.



Secondo il "Gruppo di scienziati critici" l'Aids non è una malattia infettiva e quindi è irrazionale la ricerca del vaccino. Ma in ballo ci sono miliardi e miliardi di dollari e di euro...



Negli ultimi mesi è ricomparso con forza sui media italiani l'allarme Aids. I dati proposti dagli esperti ufficiali parlano di un aumento dei casi tra gli eterosessuali e ne parlano sempre più in funzione degli studi che si vanno moltiplicando su possibili futuri vaccini.



Uno tra tutti, caso che ha tenuto banco di recente su giornali e tv, è quello che l'équipe di Barbara Ensoli dell'Istituto Superiore di Sanità sta mettendo a punto e che ora sarebbe pronto, secondo la stessa Ensoli, per passare alla fase 2 della sperimentazione, passaggio che è stato finanziato dal Ministro della salute Francesco Storace con 21 milioni di euro.



Ma colui che per anni è stato il «mentore» della Ensoli, l'immunologo Fernando Aiuti, ha attaccato in maniera durissima questa sperimentazione, accusando chi l'ha condotta di gravi irregolarità.



Una ricerca nata male

Aiuti ha denunciato una «interruzione prematura della sperimentazione, la riduzione dei volontari dagli 88 previsti a 47 arruolati, le modifiche al protocollo aggiunte alla fine della sperimentazione e addirittura ancora non approvate dal comitato etico, la divulgazione dei dati alla stampa prima di farli elaborare statisticamente in cieco alle autorità preposte e senza che ne abbiano potuto prendere visione i tre centri clinici dove si è svolta la procedura»(1).



«Tutto questo – ha detto Aiuti indignato – non ha precedenti nella storia della ricerca clinica. E io temo per la salute di quei volontari che si sottoporranno alla fase II della sperimentazione». Già. Ma d'altra parte, come fanno notare il microbiologo americano Peter Duesberg e il premio Nobel per la chimica Kary Mullis nei loro scritti (2), nemmeno la faccenda dell'Aids ha precedenti nella storia della scienza.



Gran parte degli scienziati cosiddetti «dissidenti» sostengono che l'Aids non è una malattia infettiva e che non è mai stato dimostrato che il retrovirus Hiv sia la causa della malattia. E di questi dissidenti fanno parte, oltre a Duesberg e Mullis, altre centinaia di studiosi che hanno fondato a livello internazionale quello che è stato chiamato il «Gruppo per la revisione scientifica dell'ipotesi Hiv-Aids», che ha fornito analisi dettagliate «sull'aura di conformismo che ha da sempre avvolto la ricerca sull'Aids, mescolando interessi istituzionali, errori metodologici, giochi politici e relegando così in secondo piano la ricerca della verità», spiega Fabio Franchi che del gruppo di revisione fa parte.



La grande truffa

Franchi, ricercatore indipendente e infettivologo ospedaliero, è autore, insieme al professor Luigi De Marchi, di un libro che avrebbe potuto fare molto discutere anche in Italia, ma che è stato fatto passare sotto silenzio dai più e volutamente ignorato dall'establishment (3). Ed è proprio Franchi ad accettare di parlare in merito al vaccino anti-aids che in tanti stanno cercando di produrre (ci sono almeno trenta tipi di vaccini che diverse equipe di ricercatori stanno ideando e sperimentando nel mondo), stroncandone alla base persino i presupposti.



«Il vaccino per l'Aids – spiega Franchi, facendo riferimento anche ad una sua pubblicazione dove illustra dati di grande interesse (4) – è sempre stato concettualmente irrazionale ed è facile spiegarne la ragione. Perché dovrebbero essere di qualche utilità gli anticorpi da vaccino se si è sempre sostenuto che gli anticorpi contro il virus, rivelati dai famosi test, sono inefficaci nell'impedire la malattia e sono alla base di una prognosi infausta? La risposta è che non c'è ragione plausibile neanche nell'ambito della teoria ufficiale. Tant'è vero che il vaccino non c'è ancora, nonostante fino a poco tempo fa usassero prometterlo per l'anno successivo dal lontano 1984.



Ultimamente non arrischiano più alcuna previsione, è più comodo, così non rischiano di essere smentiti dalla realtà dei fatti. È interessante poi ricordare di cosa sono stati accusati nel 1991 Robert Gallo del National Cancer Institute di Bethesda e Daniel Zagury dell'università parigina Pierre-et-Marie Curie. Avevano sperimentato su bambini dello Zaire un vaccino formulato per esperimenti sulle scimmie, nel massimo segreto.



Zagury si difese dalle accuse affermando che aveva ottenuto il pieno supporto del comitato etico zairese! Zagury sperimentò poi sull'uomo un vaccino che utilizzava come vettore il virus del vaiolo, a causa del quale morirono due persone, effetti di cui non venne fatta menzione nel successivo studio pubblicato su Lancet».



Domande senza risposta

Quindi, secondo il Gruppo di scienziati critici (la cui teoria è stata seguita per un certo periodo di tempo anche dal presidente del Sud Africa Tabo Mbeki; Mbeki, criticato e messo all'indice per questa scelta, ha poi accettato di abbracciare formalmente l'ipotesi virale dell'Aids) l'Aids non è malattia infettiva e quindi è irrazionale la caccia al vaccino.



Ma in ballo ci sono miliardi e miliardi di dollari e di euro, cioè il «quantum» costituito dai generosi finanziamenti alla ricerca che arrivano da ogni dove (persino dal genio dei computer Bill Gates); dal colossale mercato dei cocktail di farmaci e dal potenziale enorme business una volta che un vaccino arrivasse sul mercato. È in questo contesto che fioriscono gli studi e le sperimentazioni, tra cui quella portata avanti dalla Ensoli, ferocemente criticata da Aiuti, immunologo che getta più di un'ombra sulla correttezza delle procedure seguite.



«Ho già presentato un documento circostanziato sulle deviazioni dalle regole della sperimentazione clinica condotta dalla Ensoli» aveva detto Aiuti qualche mese fa in conclusione del congresso nazionale dell'Anlaids a Vibo Valentia. «Ho espresso interrogativi, ma l'Istituto Superiore di Sanità ha fornito solo risposte parziali e insoddisfacenti. Tacciono tutti, tace il ministero della salute, l'agenzia internazionale Parexel preposta ai controlli, l'agenzia italiana del farmaco, i comitati etici locali e quello nazionale.



Questo silenzio insospettisce». Ma torniamo alla questione dell'Aids, su cui Franchi ha di che discorrere a lungo. «Ciò che è stato criticato è anche la totale mancanza di studi che dimostrino che l'Hiv è la causa dell'Aids – dice Franchi – Nei loro lavori, fino alla fine degli anni '80, Gallo e Montagnier non hanno mai asserito che l'Hiv è causa dell'Aids, lo hanno definito «un buon candidato», nulla più.



Poi però hanno virato di rotta e hanno iniziato ad affermare che non vi erano più dubbi sull'equivalenza Hiv=Aids, salvo poi affermare, come ha fatto Montagnier in risposta a domande specifiche, che `non è importante sapere la causa, né dimostrarla', oppure come ha fatto Gallo quando ha detto `io non vedo alcun problema e non voglio parlarne'». Ciò che avvenne a metà degli anni '80, quando si cominciò a presentare la teoria Hiv=Aids, lo spiega la dottoressa Elena Papadopulos Eleopulos, ricercatrice australiana tra i maggiori critici della teoria virale dell'Aids (6):



«Nel 1984 Gallo aveva già passato più di una decina d'anni nella ricerca dei retrovirus del cancro. Era uno dei molti virologi coinvolti nel decennio della guerra contro il cancro del presidente Nixon. Verso la metà degli anni '70 Gallo affermò di avere scoperto il primo retrovirus umano in pazienti affetti da leucemia. Dichiarò che i suoi dati provavano l'esistenza di un retrovirus che egli chiamò HL23V. Ora, proprio come avrebbe fatto più tardi per l'Hiv, Gallo usò le reazioni agli anticorpi per provare quali proteine nelle colture erano proteine virali. Ma non molto tempo dopo altri proclamarono di avere trovato gli stessi anticorpi in molte persone che non avevano la leucemia.



Pochi anni più tardi si dimostrò che questi anticorpi venivano ritrovati occasionalmente ed erano diretti contro molte sostanze che non avevano niente a che fare con i retrovirus. Allora ci si rese conto che l'HL23V era un grosso errore. Dopotutto non vi era alcun retrovirus HL23V. Così i dati di Gallo diventarono motivo di imbarazzo e ora l'HL23V è scomparso. Ciò che è interessante è che la dimostrazione usata per affermare l'esistenza dell'HL23V è lo stesso tipo di dimostrazione usata per provare l'esistenza dell'Hiv; anzi, la prova dell'HL23V era addirittura migliore di quella dell'Hiv».



Un virus mai isolato

«Ormai non è neppure necessario ricorrere ad un'argomentazione per demolire quei costrutti teorici – prosegue Fabio Franchi – poiché lo stesso Montagnier ha dichiarato che non fece quanto ha sempre affermato di aver fatto e che gli altri continuano ad attribuirgli. Infatti riferendosi alle tre proprietà che proverebbero l'esistenza dell'Hiv ha affermato che «non è una proprietà, ma l'assemblaggio delle proprietà che ci permise di dire che si trattava di un retrovirus; se ciascuna proprietà è presa isolatamente, non è specifica».



Un ragionamento identico è stato talvolta applicato alla lotta alla mafia, qui in Italia: un delinquente pentito è persona inaffidabile, ma se dice una cosa che è confermata da un altro delinquente pentito, anch'egli inaffidabile, la cosa secondo certi giudici diventa vera. I risultati sono stati fallimentari nei due campi, ma tale approccio non è stato sconfessato. Praticamente Montagnier ha detto che non isolò il virus (conditio sine qua non per dimostrane l'esistenza); difficile essere più chiari.



Inoltre la cosa che solitamente viene taciuta è che le particelle fotografate e spacciate per virus Hiv possono trovarsi sia in colture cellulari «infette» sia in quelle «non infette», chiara dimostrazione dell'inconsistenza della impostazione teorica ufficiale. Franchi non è ottimista e lo afferma nelle sue riflessioni: «Fin dal 1987 sono affiorate irregolarità e autentiche frodi nella ricerca sull'Aids, ma la loro pubblicazione non ha sortito l'effetto di provocare una reazione correttiva.



Eppure la gravità delle denunce e la pesantezza delle implicazioni è manifesta. Ma i responsabili non sono stati perseguiti, bensì incoraggiati nei loro comportamenti. La censura operata sui grandi mezzi di comunicazione è stata sufficiente, almeno sinora, a guidare l'opinione pubblica e quella scientifica. Non è certamente la prima volta che questo accade nella storia della scienza. Tuttavia la connessione tra salute, sesso e morte rende l'episodio delle distorsioni nella ricerca sull'Aids particolarmente grave, favorito in maniera riprovevole dall'atteggiamento conformistico della quasi totalità degli organi di informazione».



Test poco attendibili

Se il virus dell'Hiv non è causa dell'AIDS o - peggio ancora - non è mai stato isolato, allora che senso, utilità ed efficacia hanno i test che vengono proposti alla popolazione per individuare eventuali sieropositività? «Nessuno dei test oggi a disposizione serve per individuare una reale infezione afferma il dottor Fabio Franchi – tanto più che nessuno di questi test dimostra una reale infezione virale, poiché il virus non è mai stato individuato.



I test a disposizione sono di quattro tipi: il test Elisa, il Westem Biot, il test di cattura dell'antigene P24 e la PCR. «Non risulta nemmeno dimostrata attraverso questi test l'esistenza di un'entità che possa ragionevolmente chiamarsi virus Hiv, sia nelle componenti proteiche, sia nel genoma, sia come particella fisica.



È curioso riflettere su come i gruppi di Montagnier e Gallo negli anni '80 hanno cercato di provare l'esistenza del virus. Raccolsero filtrati da colture ritenute infette e utilizzarono quei miscugli di proteine, che ritenevano erroneamente virali, per immunizzare i conigli; ottennero un siero che ovviamente reagiva con le stesse proteine presenti nelle colture da cui proveniva. In questo modo hanno vantato la loro d'imostrazione che il virus esisteva.



Da allora alcune di quelle proteine (indistinguibili da quelle cellulari) sono usate per ricavare i reattivi per alcuni test o come immunogeni per produrre negli animali da laboratorio gli anticorpi utilizzati per altri test. A riprova dell'errore insito in tale procedimento ci sono i risultati di esperimenti condotti nel 1991 su topi e scimmie. Ad alcuni animati di laboratorio vennero iniettati componenti cellulari da colture non infette con Hiv: i risultati furono del tutto simili a quelli attenuti con il virus da colture infette. Nessuna differenza significativa ffu rilevata; insomma, per ottenere quei risultati non c'era nemmeno bisogno di ipotizzare l'esistenza dell'Hiv».



Note



1. L'articolo è comparso sul settimanale Panorama www.panorama.it/scienze/medicina.articolo/ixi-Aoz000lo31668

2. Peter Duesberg è autore del volume «Aids, il virus inventato» (Baldini e Castoldi, 1998). Kary Mullis è autore del libro «Ballando nudi nel campo della mente» (Baldini e Castoldi, 2000); nel 1993 Mullis è stato insignito del premio Nobel per la chimica per avere scoperto la reazione a catena polimerasica, fonda-mentale per i moderni studi di genetica

3. «Aids la grande truffa» Fabio Franchi e Luigi De Marchi (Edizioni Seam, 1996)

4. «Sex virus? Ethical and political implications of Aids research» di Fabio Franchi, medico ospedaliero, specialista in malattie infettive e membro del Gruppo per la revisione scientifica dell'ipotesi Hiv-Aids, e Pierpaolo Marrone, università di Trieste, dipartimento di filosofia, membro dello stesso Gruppo. Il testo è a disposizione sul sito dell'università di Trieste www.units.itFetiCa/1999_2/index.htm l

5. Luca Rossi è autore del libro «Sex virus» (Feltrinelli, 1999) nel quale ha condensato un fuoco di fila di domande e risposte ai protagonisti della «scoperta» dell'Aids

6. C. Johnson, «Is Hiv the cause of Aids? An interview with Eleni Papadopulos-Eleopolus», Continuum, autunno 1997

7. D. Thai (intervista a Luc Montagnier) «Did Luc Montagnier discover Hiv? I repeat, we did not purify». Continuum, 1997 e Fabio Franchi, «Alla ricerca del virus Hiv», Leadership Medica, 1998


Questo contenuto è stato originariamente pubblicato su Y! Answers, un sito di domande e risposte chiuso nel 2021.
Loading...